Era ormai sera. Il servitore che le faceva strada teneva sollevata la torcia per farle luce. Quando raggiunsero Manfredi, che camminava impaziente su e giù per la galleria, questi sussultò e disse con voce brusca: “Porta via quel lume e vattene”. Poi, chiusa di colpo la porta, si gettò su una panca che stava contro il muro e ordinò a Isabella di sederglisi accanto. Lei obbedì tremando.
Il Castello di Otranto
Vi ho mandato a chiamare, signora” disse il principe, e qui si fermò evidentemente imbarazzato. “Mio signore?” “Si, vi ho mandato a chiamare per una faccenda di estrema importanza” riprese quello. “Asciugatevi le lacrime, signora - avete perso il vostro promesso sposo - un destino crudele - e io ho perso la speranza della mia stirpe! Ma Corrado non era degno della vostra bellezza.” “Oh, mio signore!” esclamo Isabella. “Certo non sospettate dei miei sentimenti! La mia devozione e il mio affetto sarebbero sempre...” “Non pensate più a lui!” L’interruppe Manfredi “era un ragazzo debole e malaticcio e forse il Cielo se l'è portato via affinché io non costruissi la gloria della mia famiglia su fondamenta così fragili. La stirpe di Manfredi ha bisogno di molti rampolli. La mia insensata tenerezza per quel ragazzo mi ha reso cieco alla prudenza. Ma meglio così. Tra qualche anno spero di avere buone ragioni per gioire della morte di Corrado.”
Le parole non potrebbero descrivere lo stupore di Isabella. Il suo primo pensiero fu che il dolore gli avesse sconvolto la mente. Ma subito dopo rifletté che forse questo strano discorso era solo una trappola: Manfredi aveva senza dubbio notato la sua indifferenza per il figlio. E fu per questo che rispose: “Mio buon signore, non dubitate della mia tenerezza per lui: con la mia mano gli avrei donato anche il cuore. Corrado sarebbe stato il centro dei miei pensieri e di tutte le mie attenzioni. E qualsiasi cosa il fato mi riserbi, la sua memoria mi sarà sempre cara e in futuro considererò voi e la virtuosa Ippolita come dei genitori”. “Maledizione a Ippolita!” grido Manfredi. “Dimenticatela in questo stesso istante, come faccio io. In breve, signora, voi avete perso un marito che non meritava le vostre grazie. Di queste si disporrà ora con maggiore profitto. In vece di un ragazzo malato avrete un marito nel pieno delle sue forze che saprà apprezzare la vostra bellezza e che potrà contare su una prole numerosa.” “Ahimè, mio signore!” disse Isabella “la mia mente è troppo rattristata per la catastrofe piombata di recente sulla vostra famiglia per pensare a un altro matrimonio. Quando mio padre tornerà, se lo vorrà, sarà mio dovere ubbidirgli, come ho fatto quando ho acconsentito a concedere la mia mano a vostro figlio. Ma fino al suo ritorno permettetemi di restare sotto questo tetto ospitale e di passare le mie ore malinconiche ad alleviare le pene vostre, di Ippolita e della bella Matilda.”
Il Castello di Otranto di Horace Walpole
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